Alessandro Gualtieri
Le ragioni dello sfondamento di Caporetto da parte dell’esercito austro-ungarico del 1918, non sono del tutto note, almeno al grande pubblico che associa immediatamente questo nome al semplice e devastante concetto di disfatta totale.
L’inarrestabile avanzata nemica costrinse tutti i nostri uomini sul Piave, dove solo dopo alcuni mesi si esaurì lo slancio offensivo nemico. Anche sulla base di molte di quelle cause della tragica “rotta” del 24 ottobre 1918, l’Italia riuscì a rialzarsi.
Caporetto, per le tante gocce di sangue chieste alla Nazione, fu il proverbiale vaso che trabocca dopo innumerevoli sacrifici e un luogo comune ancor oggi incompreso da molti studenti e studiosi dell'argomento.
CAPORETTO
Il prezzo della riscossa
Mattioli 1885
isbn 978-88-6261-431-3
102 pagine
6 Euro
"La scienza militare consiste nel calcolare per prima cosa ed accuratamente le eventualità possibili e quindi dare al caso un posto esatto, quasi matematico, nei propri calcoli. E su questo punto non si può sbagliare, perché persino un decimale in più o in meno può capovolgere tutto. Ora questo insieme di intuizione e scienza non può essere presente che nella mente di un genio".
Napoleone Bonaparte
Fu vera catastrofe o lo spunto per risalire verso la riscossa? Entrambe le ipotesi ci indicano la verità. Il 24 ottobre del 1917, e per altri sedici giorni, l’Italia fallì, crollò, si inginocchiò alla forza d’urto degli Imperi Centrali. Nonostante il Bollettino del Comando Supremo, a firma Generale Cadorna, parlasse inizialmente di “Valorose nostre truppe che rallentano l’avanzata nemica con la rottura dei ponti”, l’Esercito italiano perse centinaia di migliaia di uomini tra morti, feriti, prigionieri e sbandati.
Lo evidenzia Gualtieri in quest’ottimo saggio, l’ennesimo suo sull’immane tragedia mondiale. Egli scava sulle motivazioni, chiama sul banco degli imputati il generalissimo Cadorna e i suoi subalterni, non tralasciando tra le cause lo stato d’animo del fronte interno. Un anno dopo Caporetto, le teorie inascoltate di Von Clausewitz ebbero conferma, scritte con altro verbo sul “Bollettino della Vittoria”, riportate su lapidi murate presso ogni municipio del bel Paese. Sacrari e monumenti con le spoglie mortali e i nomi dei protagonisti caduti arrivarono qualche anno più tardi. Da allora in poi, si capì il prezzo della vittoria: sempre troppo gravoso per ogni popolo.